CONVERSAZIONE CON GIAMPAOLO GROSSI, LEADER GENTILE

Business cases & personal testimonials

Fiorentino doc, Giampaolo Grossi, è l’attuale General Manager di Starbucks Italia. Per chi è pratico di Milano, si deve a lui l’apertura della Starbucks Roastery, ormai diventato uno dei simboli della città. Prima di assumere la guida di Starbucks Italia, Giampaolo ha girato il mondo e ha fatto tantissimi lavori diversi, occupandosi di lusso e di ospitalità. Fatto piuttosto raro tra i business leaders, Giampaolo ama scrivere e comunicare. Ha fondato l’iniziativa Il Lusso Gentile, e Germana Barba, advisor di KINDNESSforBusiness, lo ha intervistato per conoscere la sua personale concezione di gentilezza.

Bentrovato Giampaolo e grazie per aver accettato di parlare con KINDNESSforBusiness. Vorrei cominciare chiedendoti come ci si sente a guidare un business straniero che rappresenta uno stile di vita come Starbucks, in un Paese come l’Italia che di stile di vita se ne intende…

È un onore. Rappresentare un’azienda come Starbucks in un mercato così delicato ma che è anche un punto di osservazione per tanti addetti ai lavori è una grande fortuna. È anche una grande responsabilità. Starbucks rappresenta uno stile di vita, uno status symbol, costruito giorno dopo giorno nei 50 anni di storia dell’azienda. La nostra missione è “Ispirare e nutrire lo spirito umano – una persona, una tazza, un quartiere alla volta.” Starbucks non è un’azienda di caffè. E’ un azienda di persone che servono caffè. Le persone e la relazione con il prossimo sono al centro del nostro operato.

Per strada ti fermano e ti chiamano “Mr Starbucks”…

Quando succede in genere rispondo che “Mr Starbucks” è qualcuno molto più in alto di me… Ma naturalmente fa piacere. Quando il fondatore di Starbucks, Howard Schultz creò questa azienda negli anni ’70, fu fortemente influenzato dalla propria esperienza personale. Una delle cose che ha fatto negli anni ’80 è stata quella di offrire l’assistanza sanitaria a tutti i lavoratori dell’azienda, ben prima dell’Obamacare. Lo ha fatto perchè quando era piccolo suo padre, che faceva il trasportatore e che era l’unico a portare i soldi a casa, si ruppe una gampa e dovette smettere di lavorare, e negli Stati Uniti a quell’epoca non lavorare significava non essere pagati. La dimensione umana e personale finisce sempre per riflettersi nelle organizzazioni.

Che cos’è per te la gentilezza?

La gentilezza è musica. Dovrebbe essere l’aria che si respira. Quella mattina armoniosa con il sole fuori che ti rende l’animo contento. La gentilezza è un regalo che si fa verso gli altri e soprattutto che si fa verso se stessi. In effetti dare gentilezza agli altri significa in primis amare se stessi. Io provo molta soddisfazione quando vedo negli occhi delle altre persone l’emozione di aver gradito un gesto gentile. È anche una capacità che bisogna allenare continuamente. Perchè a tutti noi piace ricevere la gentilezza ma non tutti noi la diamo. In Italia si tende ad associare la gentilezza ad un posizionamento sociale. Ma in realtà la gentilezza è accessibile a tutti.

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Come si trasferisce la gentilezza nel business? Cos’è la leadership gentile per te?

La leadership gentile si cura delle persone. Dedica tempo di qualità alle persone. Non significa per forza ascoltare gli altri per ore e ore. Ma significa farlo in maniera cosciente e attenta, così da dare alle persone lo spazio di esprimere la loro opinione, di dare feedback. Vuol dire anche condividere la propria vulnerabilità per entrare in empatia con gli altri. Le persone sono fatte dalle proprie capacità e competenze da un lato, e dall’altro dalle proprie emozioni e i propri sentimenti. Il leader gentile deve valorizzare le capacità ma deve anche stimolare le emozioni affinchè le persone riescano a fare quel passo in più che non avevano ancora fatto.

Come è nata in te questa filosofia?

A 6 anni ho perso mia madre. Mia nonna ha abbandonato tutto e si è trasferita a casa nostra per crescere me e mia sorella. Lei mi ha dato una forza straordinaria perchè ha avuto il coraggio di lasciare tutto per dedicarsi a noi. E mi ha trasmesso la gentilezza perchè era il suo modo di essere. Mi ha insegnato che quando viene qualcuno a prendere il caffè si apparecchia la tavola, si tira fuori il servizio buono e i biscotti, e tutte le attenzioni possibili. Quando mi chiedono chi è stato il mio mentore, la mia risposta è: mia nonna.

Dietro ogni leader c’è sempre una storia personale…

Io non mi definisco un leader, non sta a me farlo. Quello che so è che essere leader è qualcosa che bisogna guadagnarsi. Bisogna allenarsi continuamente per riuscire a ispirare e guidare gli altri. Un leader deve conservare la capacità di emozionarsi come quando era bambino. Quando cresciamo ci dimentichiamo da dove veniamo e il percorso che abbiamo fatto. Io mi emoziono a vedere un cane che mi scondinzola, il bambino nella macchina davanti che mi saluta. Sviluppare la sensibilità per i dettagli e collegare i dettagli alle storie, agli insegnamenti. Per capire meglio gli altri.

Come si traduce la gentilezza nell’azienda che guidi? Come si “istituzionalizza” la gentilezza?

Naturalmente Starbucks ha processi e sistemi che mettono in pratica la gentilezza. Quando valutiamo le persone partiamo sempre dai risultati positivi e solo dopo passiamo a discutere le aree di miglioramento. Ma è soprattutto una cultura. La cultura del riconoscimento del lavoro fatto dalle persone. Noi iniziamo ogni meeting con un caffè, ci raccontiamo come va e condividiamo le nostre vite personali. Nelle nostre riunioni abbiamo sempre 2 sedie vuote, una che simbolizza le nostre persone (che noi chiamiamo partners, non dipendenti), l’altra i nostri clienti. E ogni volta ci chiediamo che impatto avrà la nostra decisione sulle nostre persone e i nostri clienti.

Che consiglio daresti ai capi d’azienza che vogliono intraprendere un percorso per introdurre la gentilezza nella loro organizzazione?

Un leader deve partire dalla consapevolezza. Bosogna sapere dove si è nel percorso, anche se sigifica ammettere che non si è dove si dovrebbe essere. Poi bisogna condividere la visione. Se non condividi la visione su dove vuoi arrivare, gli altri faranno fatica a seguirti. Questo è un errore che faccio anch’io. Qualche volta sottovaluto il fatto che gli altri non pensano come me e non sentono come me. L’altra considerazione è che bisogna rendersi conto che le generazioni nate negli ultimi 30 anni si sono evolute molto più rapidamente di quelle precedenti. Nascono con la tecnologia come parte integrante del loro essere ad esempio. Bisogna adattare il proprio stile tenendo conto delle loro caratteristiche.

Lo sport ha un ruolo importante nella tua vita. Se pensi a sport e gentilezza, cosa ti viene in mente?

Il ricordo di quando ho cominciato a giocare a calcio, a sei anni. In particolare il momento in cui aspettavi a bordo campo – con pazienza e rispetto – che un altro bambino ti invitasse in campo a giocare. E l’emozione di superare le paure attraverso l’espressione della fisicità.

IL NOSTRO OSPITE

Giampaolo, 40 anni, nasce a Firenze e fa del suo percorso sportivo uno spirito di vita che applica al mondo del lavoro. Gira il mondo con varie esperienze internazionali nell’hospitality fino al rientro in Italia, dove approda in Starbucks a Milano. Persona positiva, decisa nei suoi obiettivi, intraprende l’arrivo in Italia del colosso americano con il suo caffè, sfidando ogni attesa.  

Starbucks mi sta dando l’opportunita’ di crescere a livello professionale ma ancor piu’ importante a livello umano, cosa in cui investo tantissimo del mio tempo” – Giampaolo Grossi.

Germana BARBA
I’m a political scientist, a public and international affairs expert, and a writer. I'm standing for women empowerment, ‘unconventional’ leadership, and dialogue across points of view.

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