LA GENTILEZZA CI FA ESSERE UMANI

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Nel nostro cammino sul tema Kindness for Business e su temi innovativi come i nuovi modelli e approcci organizzativi, abbiamo incontrato più volte Matteo Ficara, un filosofo, un CHO[1] e “Genio Positivo” certificato, ideatore e animatore della community “La Specie Felice”, produttivo autore di libri, di cui l’ultimo sul potere dell’immaginazione, dal titolo: “Andata e Ritorno. Istruzioni per il viaggio immaginale”. È con piacere che lo incontriamo e gli diamo spazio nel nostro sito, data la grande affinità che sentiamo con lui e con i temi che porta avanti.

Fra i molti modi di intendere la gentilezza qual è il senso che gli dai tu, quello che vivi ogni giorno?
Da filosofo, la prima cosa che ho voluto fare per riscoprirla con maggiore profondità, è stato andare a vederne l’etimologia (dalla parola italiana). Un’etimologia complessa, che ci fa fare un viaggio dal termine latino “gentile” e ci fa arrivare fino a “gente”.
Il “gentile” era il nobile romano, colui/colei che “apparteneva a qualche gente o famiglia”. “Gente”, invece, ha radice indoeuropea G’AN, dal sanscrito “g’â-yati”, col significato di “nasce, diventa” e viene poi ripreso col senso di “famiglia, razza”.
La gentilezza, quindi, sembra essere fin da subito qualcosa che ci permette di “familiarizzare”, ci fa essere e divenire famiglia, ci fa appartenere ad un gruppo e ad un insieme, una società, una Specie.
Proprio recentemente poi ho riletto la “fiaba di Igino”, che Heidegger introdusse nel suo “Essere e Tempo”. Una fiaba che ci dà la misura della relazione tra cura e umanità. È importante ricordarla, qui, perché se la gentilezza è la cifra del fare famiglia, dell’appartenere, del divenire “gens”, dobbiamo ricordare che quella gente è umanità e, a questo punto, chiederci cosa significhi “essere umani”. Nella fiaba di Igino viene detto qualcosa di poetico e allo stesso tempo utile: che “umanità” è e sarà sempre legata alla terra, a quell’humus da cui viene il nostro stesso nome. Un promemoria del fatto che eravamo un pupazzo di fango e “polvere (terra) ritorneremo”.
Il nostro corpo è quell’humus, quella terra. La nostra forza vitale, quell’”anima”, è spirito. Nella favola di Igino, al momento della morte dell’essere umano, la terra tornerà alla Terra e lo spirito tornerà al cielo (Giove). Ma durante la vita, l’essere umano sarà della Cura, che per prima lo plasmò dal e nel fango. Ecco, corpo e anima hanno la loro collocazione e così anche la vita, messe nelle mani della Cura. Una cura per sé, gli altri, il pianeta.

Molto bella questa favola, Matteo, quindi per te, si tratta di un passaggio da gens a famiglia, a essere umani, a Cura?
È qui che infatti arriva la gentilezza: l’applicazione della cura verso gli altri, quel continuo “modus operandi” di delicatezza e amorevolezza, che ci permette di mantenerci nella cura e, quindi, nella vita.
Quella scelta di vita che ci porta a divenire un due, una relazione, una coppia, una famiglia.
Un modo di pensare e di fare, che ci “crea”, ci mantiene in quell’humus che ci rende umani, in quella cura che ci fa stare nella vita, in quell’amorevolezza e compassione che ci permettono di unirci in una specie e sopravvivere alle sfide dell’evoluzione.
La gentilezza, nella sua veste di compassione, è stata anche riconosciuta come una delle emozioni che hanno permesso l’evoluzione umana. Già Margaret Mead, antropologa, disse che la civiltà è nata nel momento in cui ci siamo fermarti a prenderci cura dei nostri simili.

Quali connessioni vedi fra la kindness e i tuoi temi attinenti alla “Specie Felice”, la community che hai creato insieme a tua moglie Lara Lucaccioni, nota Master Trainer di Yoga della risata e di coerenza cardiaca?
Sul tema della gentilezza, anche in base alle mie – ancor timide – ricerche negli ambienti dell’antropologia, ho riscoperto il tema della Specie. Un tema profondo, necessario, che ha molto a che fare con quella gentilezza che ci fa divenire una (grande) famiglia. Fu nel 2016, in occasione del progetto “Portatori di Unicità”, che venne presentato in Sala Regina a Montecitorio e le sue lezioni furono presso le sale della Sapienza di Roma. Fu indimenticabile. Fui chiamato come relatore sul tema del “rispetto” e ne fui stupito: mi occupavo di immaginazione da tantissimi anni e non avevo granché da dire sul tema.
Poi, però, riscoprii il rispetto. La sua etimologia è “re-spicere”, laddove la “spicere” è la specie, intesa come l’immagine, il volto, con cui una specie si differenzia dall’altra. Ecco l’immaginazione, ecco il rispetto, ecco la specie.
Quel giorno nacque l’idea – ora progetto e gruppo Facebook – di “La Specie Felice”: l’impegno, portato avanti con la mia consorte Lara Lucaccioni, di costruire una cultura e una serie di pratiche che ci permettano di divenire “Specie Felice”. Abbiamo anche intervistato Daniel Lumera, sul tema “gentilezza”.
Ma la Specie è una grande famiglia e ciò che ci rende “gens” è quella modalità di fare etica, attiva, amorevole, ecosostenibile (siamo “humus”) e di cura della gentilezza.

Si potrebbe quindi pensare che la gentilezza sia un fattore necessario solo in relazione agli altri?
Ancora prima di essere un “insieme”, una “gens”, siamo individui. Anche la nostra stessa identità si fonda, più che non sulla memoria di noi stessi, su qualità come la gentilezza. O almeno questo è ciò che riportano due ricerche di Nina Strohminger e Shaun Nichols del 2013 e del 2015, che affermano: “Contrariamente a quanto hanno pensato generazioni di filosofi e psicologi, la perdita di memoria non fa sembrare qualcuno una persona diversa”, scrive Strohminger. “Piuttosto, la moralità … ha svolto il ruolo più importante nel determinare se qualcuno si presenta come sé stesso …” [2]
A questo punto possiamo pensare che la gentilezza “ci rende” quello che siamo, ma che – allo stesso tempo – sia qualcosa che richiede un piccolo sforzo, un movimento, un’azione.
Ricorda quella forza che permette al seme di germogliare e di fatto, se dovessi dare una definizione personale di gentilezza, userei queste parole: “un micro-sforzo, continuativo e di cura amorevole, che partecipa a costruire un presente ed un futuro diversi, più densi di senso, felici”.

Molto interessante e condivisibile la connessione a una azione, a un movimento o a un micro-sforzo, come dici tu, proprio per dare una maggiore concretezza al termine. L’atto di gentilezza, l’agire gentile a questo punto possono creare un impatto individuale e relazionale?Agire con gentilezza ci aiuta a stare nella presenza del momento. Ci permette di seminare un piccolo cadeaux da cui far sbocciare un sorriso e, da quel sorriso, un’intera “giornata storta” può cambiare verso e direzione, fino a farsi benedetta.
Agire con gentilezza ci avvicina alla cura, di sé e dell’altro, ci fa “essere umani” perché ci re-immette in un processo continuo di relazione, amorevolezza e responsabilità etica ed ecosistemica.
Agire con gentilezza crea relazione, crea famiglia, fa specie. Ci permette di cogliere di noi stessi il volto più bello e prolungarlo all’estremo, fino a divenire un orizzonte sicuro cui approdare. Ci fa essere “uno” al di là della separazione.
Agire con gentilezza, in definitiva, ci fa essere gentili, ci fa sentire quel profondo senso di appartenenza ad una “famiglia” fatta di vastità. Ci fa sentire leggeri e allo stesso tempo ci dona pienezza. Ci fa divenire il dono che siamo.

Come vorresti chiudere?
Mi piacerebbe chiudere riprendendo le parole (tradotte) di un antico saggio di cui amo molto il pensiero. Parlo di Lao Tzu e del suo “Tao Te Ching”, in cui dice:“La gentilezza nelle parole crea confidenza; la gentilezza nel pensiero crea profondità; la gentilezza nel dare crea amore”. Se potessi rileggerla a modo mio, direi che la gentilezza nel dare crea Cura e che grazie a questa cura possiamo riconoscerci umani. Quindi, in definitiva, la Gentilezza ci fa “essere umani” 😊


Grazie Matteo per le tue bellissime parole e le riflessioni profonde che ci hai portato insieme a diversi spunti e fonti per poter approfondire. A presto!

L’AUTORE

Matteo Ficare è filosofo, scrittore, CHO. Ideatore del metodo di pensiero “Le Stanze dell’Immaginazione®”. Co-founder di “Happiness for Future srl” e della community « La Specie Felice ».
Filosofia, Felicità e Futuro sono i tre temi verso cui fa ricerca costantemente, insieme alla ricerca di senso nel vivere, come modello di vita filosofico.
Ha una ricca produzione di articoli e il suo ultimo libro, il quarto, è stato pubblicato nel maggio 2020 dalle Edizioni Spazio Interiore, col titolo “Andata e Ritorno. Istruzioni per il viaggio immaginale”.
Condivide le sue ricerche e visioni anche come speaker sui palchi di eventi dal vivo o in interviste online e, ogni giorno, nel gruppo « La Specie Felice », che gestisce con la moglie Lara Lucaccioni.

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KINDNESSforBusiness intends to promote and to disseminate knowledge in order to help change makers and leaders to try new practices, new tools but most of all a new mindset to craft surroundings and organizations more human-centered but also more planet-centered and improve their business and impact.
http://www.kindnessforbusiness.org

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